Legge n. 59/63
Il decreto legislativo n. 228/01 non disciplina completamente l’attività di coloro che pongono in vendita i prodotti direttamente coltivati in quanto disciplina solo l’attività di vendita degli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese di cui all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
L’iscrizione nel registro delle imprese non costituisce, però, un obbligo per tutti i produttori agricoli ma una facoltà, in quanto l’articolo 2, comma 3, della legge n. 77 del 1997 dispone: “Per i produttori agricoli di cui al quarto comma, primo periodo, dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’iscrizione al registro delle imprese non è obbligatoria”. Il riferimento all’art. 34 del T.U. in materia di imposta sul valore aggiunto individua i produttori agricoli con un volume d’affari annuale non superiore a euro 2.583,28 (cinque milioni di lire).
I produttori agricoli quindi che, con un volume d’affari annuale non superiore a euro 2.583,28, si avvalgono della facoltà loro concessa dalla legge di non iscriversi al registro delle imprese, non possono effettuare la vendita diretta al pubblico dei loro prodotti?
e per coloro che negli ultimi quaranta anni si sono presentati nei mercati per vendere i prodotti di stagione?
La risposta viene fornita da Anci che in una nota di chiarimenti precisa che “Tuttavia, per poter beneficiare dell’applicazione della disciplina sulla vendita diretta come semplificata dal d.lgs. n. 228 del 2001, si ritiene che anche i soggetti cui si riferisce la richiamata norma in materia di IVA dovranno espletare l’adempimento dell’iscrizione nel registro delle imprese, poiché in mancanza di tale requisito richiesto espressamente dall’articolo 4 in esame deve considerarsi applicabile nei loro confronti il regime autorizzatorio per l’esercizio dell’attività di vendita diretta previsto dalla citata legge 9 febbraio 1963, n. 59".
La legge 59/63, quindi, è presumibile che continui a disciplinare almeno quei produttori agricoli che non sono iscritti nel registro delle imprese e che quindi, per vendere i prodotti dovranno, ai sensi dell’art. 3, “farne domanda ai sindaci dei comuni in cui intendono effettuarla”: domanda sostituibile con una dichiarazione di inizio attività di cui all’art. 19 della legge n. 241/90.
Un altro aspetto della materia non disciplinato dall’art. 4 del d.lgs n.228/91 è la “decadenza”degli imprenditori agricoli ad effettuare la vendita solo previa comunicazione ai sensi del d.lgs n. 228/01.
Questo aspetto è invece disciplinato dalla legge n. 59/63 che all’art. 6 dispone:
“Decadono i diritti del produttore di cui alla presente legge e l'autorizzazione viene ritirata quando:
a) il titolare dell'autorizzazione perda la qualità di produttore agricolo nel comune in relazione al quale l'autorizzazione è rilasciata;
b) il produttore agricolo o la persona giuridica pongono in vendita prodotti non ottenuti direttamente dall'impresa agricola gestita o dai fondi degli agricoltori associati nel comune per il quale è autorizzata la vendita;
c) i produttori agricoli e i legali rappresentanti delle persone giuridiche siano condannati per taluno dei delitti indicati nell'art. 5.”
A parte il dettato di cui alla lettera b), oggi non più applicabile, quanto disposto all’art.6, comma 1 lettere a) e c), può trovare applicazione per tutti gli imprenditori agricoli che perdono la qualità di imprenditore agricolo o che perdono i requisiti morali richiesti per l’esercizio dell’attività di vendita.